Villaggi Glocali, di Tiziana Nicolosi

Villaggi Glocali, di Tiziana Nicolosi

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Villaggi Glocali

Dov’è finita l’umanità? Auspicabile sarebbe boicottare le serie tv, vivere trasformando, ricercando, creando, navigando interstizi, differenze e dettagli contro la tipologia di individui che per mezzo dei social, ha acquisito una maniera di informarsi e di condividere le notizie adeguandole alla propria urgenza comunicativa, chiara espressione di problematicità, carenza di personalità, di scelta, di autorità inventiva. Un grande carro di infervorati narcisi e frustrati, si seggono in sella a rapidi click, coi loro culoni flaccidi, per rincorrere la chimera della soddisfazione estemporanea e superficiale dell’esserci. Tra ciò che può piacere, perché già pregno di notorietà e familiarità epocale. Il senso di riconoscimento, di appagamento, agito da falsi profeti, buffoni, saccheggiatori di condivisione iconoclasta, fa proseliti in mezzo a una folla di assatanati, disperati, improduttivi, violenti. Una grande mascherata apre sipari sui vuoti esistenziali degli uomini digitomaniacali e dei loro seguaci, nuovi spettri laici si impongono sulle nostre teste. Le patologie mediali  assumono le vesti di una falsa logorrea incontro-scontro, vacua e per lo più finalizzata a un fuoco fatuo di sterile edonismo spacciato per attivismo e pensiero critico. La parodia contemporanea del bar, del vecchio circolo, del salotto borghese; tutto racchiuso tra screenshot in sequenza privi di logica drammaturgica del reale, di forza estatica capace di smuovere coscienze e modalità organizzative, mutamenti utili. E così quei qualcuno al potere a decidere per la comunità, a reiterare uno status quo mellifluo e riprovevole. Deleterio. Controinformazione fatta di bufale o di estremismi politici di stampo anacronistico e autoreferenziale, propagandistico, opposto all’‘intelligere’, nel suo significato primo di ‘leggere con gli occhi della mente’, una mente non avvizzita e collettiva, forte e coraggiosa. Un meccanismo citazionista, quello che prende piede, artificiosamente intellettualoide, lontano dalla vera ragione, dal senso civico comune, pedagogico, riformista.

La giusta spettacolarizzazione del messaggio legata al suo produttore di senso lascererebbe la pretesa di importanza per fare posto a una fruibilità popolare; popolarità che viene confermata non tanto dal valore intrinseco del messaggio stesso che come per ogni mezzo mediatico funziona anche in rapporto al suo tempo di esposizione, quanto piuttosto dalle sue risultanze performative legate alla possibilità che ha il performer di fidelizzare il suo target di riferimento grazie a una presenza imponente sul media, alla sua capacità ironica, alla raccolta e selezione del materiale necessario inerente in genere a una definizione schizofrenica cangiante, suscettibile di facile stima, empatia, seduzione, alimentata anche dalla assenza di impegno costante nella vita ‘non virtuale’.

È pertanto doverosa un’attenzione alla ‘pratica artistica’, alla solitudine fisica e morale, all’intuizione dettata da una genesi culturale nuova, fatta di esperienza tradita, di accettazione e superamento dei limiti, di ribellione alla ‘famiglia micro e macro sociale’, alla conoscenza data.

Dov’è la politica che fa politica in virtù di questo tempo presente? Che fa da sé per oggettivarsi entro un cammino carico di dedizione al particolare, al dinamico, al transitorio, al valore dell’’effimero’ che caratterizza lo scenario già scannerizzato da McLuhan, incarnato da una lotta perenne, implume nel rintracciare idee, cause ‘sostenibili’ sul lungo termine e sulla sua declinazione. Idee pedine di un leviatano orco e sborone, quello del sistema della comunicazione pronto a tutto pur di mostrarsi più forte delle sue parti, ammirato, incoronato a specchio dei tanti tipi ideali, delle sovrastrutture, del linguaggio forbito della scolastica o della strada che trend richieda. E la forza propulsiva della sperimentazione, della conoscenza trasversale? Della costruzione del ‘talento’? Conoscere equivale a cambiare, a fornire alternative, opportunità, a motivare alle stesse. È lì che dovrebbe insediarsi la politica, nell’ignoto e tra i falsi nemici che si è data  per ideologia, per peccato di intima incoerenza, per eccesso di zelo, per mancato rigore alla causa politica, per comodo orgoglio, per pigrizia. Caos, distraente, disturbante, annichilente non ‘artisticamente’ performante, dove arte è sinonimo di religione cognitiva, emotiva, tecnica, comportamentale, feconda ed elaborativa.

Dov’è finito l’amore? Quell’amore di coppia che sa credere nella relazione, nel rispetto di una scelta, nella dignità, nella ricchezza dello scambio, dell’ascolto, del confronto, della crescita comune, della condivisione di intenti, di una sana reciproca stimolazione delle parti.

Dove si nascondono le fotografie, gli scarabocchi, gli amichetti immaginari, le parole non dette, se non in un caro diario e dentro un vecchio baule.

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