Teatro Sociale

Tra gli approcci teorici e metodologici di Uber vi è il Teatro Sociale

Il T.S. nasce all’inizio degli anni Novanta, come sintesi delle esperienze del nuovo teatro, dell’animazione socioculturale, dell’antropologia, delle drammaterapie.

Il Teatro Sociale prende forma attraverso la messa in opera di tecniche, metodi, esercizi orientati alla liberazione e all’elaborazione dell’espressività creativa dell’individuo e dei gruppi, nonché all’intervento legato a problemi di territori ed ambiti specifici.

Il Teatro Sociale non è un’attività per attori professionisti ma sviluppa le capacità comunicative e performative proprie di ogni persona (inclusi gli attori professionisti).

Il Teatro Sociale non ha come fine uno spettacolo ma processi e progetti sviluppati in ambito comunitario, in Italia e nel mondo, nelle scuole, nelle carceri, nei centri di aggregazione, con i soggetti diversamente abili, nelle istituzioni e nei servizi sociosanitari.

Tra i maggiori precursori e rappresentanti della filosofia propria del Teatro Sociale vi è Augusto Boal, regista ed autore brasiliano.

Il recupero della dimensione teatrale a paradigma della drammatizzazione sociale e ben oltre la funzionalità specialistica dell’arte fatta mestiere, la sua applicazione come impalcatura per l’osservazione e la verifica del reale, rivelano in Boal un approccio sintonizzato con premesse sociologiche ed antropologiche (si pensi alla definizione dei paradigmi di teatralità nella dimensione pubblica di Goffmann e alla fondazione rituale della socialità indicata da Turner). In particolare il TDO (Teatro Dell’Oppresso), nelle sue diverse modalità, è espressione di una perpetua ricerca di forme di dialogo: forme teatrali che possano istituire un colloquio con l’azione sociale, con la pedagogia, la psicoterapia, la politica.

Il TDO sorse durante il periodo più torvo e cruento della dittatura brasiliana. Dal ’71 al ’76 crebbe sotto altri regimi dittatoriali latino-americani, da questi contesti vennero fuori il Teatro-Forum, il Teatro-Invisibile e il Teatro-Immagine. Vicenda singolare il quadriennale mandato politico-teatrale al Consiglio Comunale di Rio de Jainero, concepito e messo in atto da Boal, eletto per il Partido dos Trabalhadores, dal 1992 al 1996.

Il progetto ha coinvolto 19 comunità, organizzate in altrettanti nuclei di teatro popolare e ha promulgato 13 leggi, elaborate a partire da suggerimenti sorti nel corso degli spettacoli-forum nelle piazze cittadine. Nel TDO il periodo dei laboratori è fondamentale e rivelatore in se stesso: si allestisce uno spazio estetico in cui i partecipanti si abituano ad esprimersi politicamente mediante giochi ed esercizi dell’arsenale del Teatro dell’Oppresso, attraverso la costruzione di immagini e il dibattito.

L’obiettivo delle prove però (che già rappresentano una maniera di far politica, di occuparsi dei problemi della comunità mediando le posizioni individuali) è lo spettacolo. Con lo spettacolo il gruppo si apre al resto della comunità e con il festival a dialoghi più ampi.

Tra le diverse forme di Teatro Sociale ad avere preso forma in Italia, una delle più significative esperienze è rappresentata dall’Accademia della Follia.

Per Claudio Misculin, attore e principale promotore del progetto “Accademia della Follia”, l’incontro dell’arte teatrale con il disagio psichico assume vita con la decisione di creare spettacoli che parlano e mettono in scena la follia e che sono agiti dagli stessi disabili pschici e da chi di loro si prende cura (operatori psichiatrici, infermieri, etc.). Misculin, in gioventù, a causa di esperienze di devianza e sofferenza psichica, incontrò nei primi anni Settanta Franco Basaglia, all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste. È qui che il futuro attore, per sua stessa ammissione, iniziò, attraverso i primi rudimenti dell’arte teatrale, a esprimersi in modo liberatorio e a lenire attraverso l’arte la sua sofferenza.

A partire dal 1975, si susseguirono svariati progetti teatrali (“Teatro Studio”, “Teatro Pirata”, “Laboratorio di Artigianato Teatrale”), tutti creati e condotti dallo stesso Misculin all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste, con una compagnia formata da pazienti psichiatrici e operatori. L’oggetto della ricerca teatrale di Misculin fu da subito lo stesso disagio mentale e l’eccesso a cui può portare la follia. Della propria produzione teatrale, l’attore triestino affermerà più tardi che:

“non nasce dal teatro ma dalla follia. Il teatro è uno strumento. Alla base c’è proprio l’eccesso. È importante capire i matti nel loro territorio […] per noi l’eccesso è un valore”.

Nel 1983, la compagnia teatrale “Laboratorio di Artigianato Teatrale” confluisce in “Velemir Teatro”, in memoria di Velemir Dugina, musicista e collaboratore della compagnia, morto nello stesso anno. Celebri registi (Giuliano Scabia, Oddo Bracci) si alternarono a dirigere il gruppo teatrale sino al 1992, anno in cui l’esperienza del “Velemir”, presentata al Festival dei Teatri di Sant’Arcangelo di Romagna, acquistò rilievo nazionale. Nacque in quell’anno, con la collaborazione di attori e operatori sanitari (tra i quali Cinzia Quintiliani, Iris Caffelli, attrici, e Angela Pianca, psicologa), una rete di laboratori teatrali, operanti nell’ambito del disagio sociale, variamente distribuiti sul territorio italiano (Trieste, Cremona, Milano, Rimini, Padova, Suzzara) e raggruppati sotto la denominazione di “Accademia della Follia”. Ogni accademia è formata al suo interno da gruppi misti di professionisti, operatori sanitari, volontari, pazienti.