‘Rigenerazioni sociali ed economie alternative. Marinaleda, il paese dove l’utopia è realtà’ di Veronica Palmeri

‘Rigenerazioni sociali ed economie alternative. Marinaleda, il paese dove l’utopia è realtà’
di Veronica Palmeri

 

 

Rigenerazioni sociali ed economie alternative.
Marinaleda, il paese dove l’utopia è realtà

Dentro l’Europa sfiancata dalla crisi economica, c’è un paese senza un corpo di polizia, in cui la disoccupazione non esiste, non ci sono mutui da pagare, e i politici non guadagnano un euro. Spinti dalla curiosità di carpire il segreto di quello che, a prima vista, parrebbe essere il paese dei balocchi, stando ben attenti a tener fuori facili idealismi e false speranze, vi accompagniamo in un viaggio alla scoperta di una società alternativa al capitalismo, dove il tempo pare essersi fermato, la crisi non esiste e il progresso non ha un futuro.
A poco più di 100 km da Siviglia, nel pieno dell’Andalusia, sorge una piccola comunità rurale di circa 2800 abitanti. Si chiama Marinaleda, ed è un paese mediterraneo circondato da campi e uliveti, così come ne esistono a migliaia in tutta Europa. La sua particolarità è che registra un tasso di disoccupazione pari allo 0%, contro il 23,67% della Spagna, e sulla bandiera tricolore riporta uno stemma con la scritta: “Marinaleda: una utopia verso la pace”.
Negli anni ’70 e ’80, nel corso di una lotta per il lavoro e per una forma di agricoltura più giusta, i lavoratori di Marinaleda furono coinvolti in varie occupazioni ed espropriazioni di terre agricole, fino ad allora in mano ai latifondisti locali. Le occupazioni erano guidate da un giovane professore di storia, carismatico, radical-socialista, di nome Juan Manuel Sánchez Gordillo, che guidava il Sindicato de Obreros del Campo (Unione dei lavoratori agricoli). Lo stesso uomo che, nel 1979, con le prime elezioni democratiche del post-franchismo, fu eletto sindaco di Marinaleda e che ancora ne ricopre la carica. Gordillo ha, da sempre, sostenuto la teoria: «la terra a chi la lavora» e ha lottato affinché questa diventasse legge, così, dopo 12 anni di revolución non-violenta, nel 1992 è riuscito ad espropriare 1200 ettari, che sono stati concessi dal governo andaluso agli abitanti di Marinaleda. Nei 35 anni successivi alla sua elezione, ispirandosi ai valori del socialismo reale, ha messo in piedi un sistema di welfare che garantisce la sussistenza all’intera comunità. Il risultato attuale è la piena occupazione e l’utopia di un sistema sociale e produttivo basato sulla cooperazione e sulla solidarietà tra pari.
Nella regione con più disoccupati d’Europa (il tasso di disoccupazione attuale dell’Andalusia è del 35,21%), nel Comune di Marinaleda non ce n’è neanche uno, grazie all’istituzione della Cooperativa Hu Humar-Marinaleda. La cooperativa agricola, ovviamente basata sui principi eco-friendly, produce carciofi, peperoni, fave, olio di oliva. Il comune è proprietario di una fabbrica di conserve, un frantoio, serre, allevamenti di bovini. Il salario è lo stesso per tutti (qualunque sia la mansione: 47 euro al giorno), i contadini sono divisi in squadre e ogni sera un furgone gira per le strade annunciando con il megafono quale squadra, l’indomani, andrà a lavorare. Nella cooperativa agricola è impiegato l’80% della popolazione, e se in qualche stagione i raccolti non vanno bene, si lavora meno ma si lavora tutti. Il restante 20%, invece, è impiegato in occupazioni socialmente utili (scuole, uffici, impianti sportivi, etc) e nella gestione di piccole attività commerciali (botteghe e negozi).
Il sistema di welfare in vigore a Marinaleda permette ai cittadini di costruirsi una villetta di 90 metri quadri con cortile. Il terreno e il progetto li mette il Municipio, il denaro lo presta a tasso zero il governo andaluso, e la quota mensile da versare per l’acquisto – che oggi si attesta intorno ai 15,52 euro al mese – la stabiliscono in assemblea i cittadini auto-costruttori. La casa se la deve costruire lo stesso proprietario. Nel paese andaluso non è mai entrata un’impresa edile o un costruttore esterno, evento eccezionale in Spagna, dove la speculazione edilizia è in gran parte responsabile dell’attuale crisi economica. Certo, pare che di case incomplete ce ne siano parecchie a Marinaleda, ma è scelta di chi la compra se sia già abbastanza avere un tetto sotto cui dormire, piuttosto che una facciata ben sistemata. Anche i servizi alla cittadinanza hanno un costo simbolico: la mensa scolastica costa 12 euro al mese, la piscina 3 euro per tutta l’estate. E la cura degli spazi comuni compete a tutti: durante le cosiddette “domeniche rosse” s’impugnano ramazze e palette e si puliscono strade, aiuole e giardini. Dulcis in fundo non esiste la Polizia Locale, perché non è necessaria se l’educazione e il senso civico sono forti e diffusi. E i politici? Chi viene eletto in municipio non ha diritto a nessuna ricompensa economica, l’unica motivazione che muove chi si presenta alle elezioni è lo spirito di servizio verso la comunità. Lo stesso vale per lo storico sindaco Gordillo, che ricopre anche la carica di deputato del Parlamento Andaluso dal 2008, e devolve anche il suo compenso da parlamentare alla comunità di Marinaleda.
Fin qui sembrerebbe davvero di aver scovato il paradiso terreno, ma prima di progettare un trasferimento di massa, o di auspicare una revolución alla Gordillo in tutti i paesi in cui abitiamo, bisognerebbe analizzare alcuni aspetti. Innanzitutto gli abitanti di questo paesino sono per l’80% agricoltori, non c’è molta varietà occupazionale e il mestiere del contadino non è certo un lavoro semplice e alla portata di tutti. L’educazione media non va oltre la scuola dell’obbligo, scuola pubblica che prevede come attività speciali: l’orticoltura, obbligatoria per tutti i bambini e l’“educazione civica”, che insegna le norme della società di stampo social-comunista. A Marinaleda non vengono offerti corsi di formazione specializzati per livelli superiori d’istruzione (quindi non ci sono stimoli per una crescita personale), e non sono previsti incentivi per l’imprenditoria. Il denaro che circola è ben poco: oltre agli stipendi, esiste solo un sussidio per lo sviluppo agrario concesso dal governo andaluso, dallo stato e della Comunità Europea, che viene dato a quegli agricoltori che rispettano criteri abbastanza stretti. Pare che tutti vadano in giro in tuta, e nessuno abbia voglia (o possibilità) di spendere denaro che non serva al necessario sostentamento della famiglia e della casa. Se non lavori da un po’ vai in Comune e chiedi un lavoro al sindaco, ciò che c’è da fare nei giorni a seguire fai. E se ti rubano la zappa ti appelli alla buona coscienza civica del compaesano, che l’avrà solo “presa in prestito” e te la restituirà a breve.
Quindi, se è vero che esiste un paese dove non ci sono disoccupati e mutui da pagare, è anche vero che questo è un posto in cui il lavoro nei campi è parte integrante di un sistema sociale che dura da 35 anni sempre uguale a se stesso. Non tutti saremmo disposti ad accettare queste condizioni di vita. Ci vuole “volontà politica”, come sosterrebbe Sánchez Gordillo, per vivere solo di pace, pane e duro lavoro, senza pretendere un’elevazione sociale per i tuoi figli o il progresso. È anche vero, però, che nella Spagna stretta dalla morsa delle politiche di austerità, Marinaleda ha risposto con la costruzione di un tessuto sociale fortissimo e di vincoli di solidarietà inossidabili, che permettono a questo paese di avere una produzione agricola che oggi giunge sulle tavole di tutta la Spagna, di alcuni paesi europei (Italia compresa), per arrivare fino al lontano Venezuela.

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