Tiziana Nicolosi parla di Opera Commons e dell’associazione Uber nell’intervista di Salvatore Massimo Fazio per Sicily Mag

Tiziana Nicolosi parla di Opera Commons e dell’associazione Uber nell’intervista di Salvatore Massimo Fazio per Sicily Mag

«Opera Commons, filantropia culturale per importanze alternative»

Articolo sul sito Sicily Mag

Creato più di 5 anni fa dalla dalla sociologa e socioterapeuta catanese in una residenza familiare di Aci Bonaccorsi salvata dall’abbandono, il progetto terapeuticamente vuole produrre a partire dalla difficoltà scegliendo la via della creatività, dell’arte e della comunicazione: «Verità rivelate e altalene anarchiche, si tratta di non cedere all’ovvio, al semplice»
di Salvatore Massimo Fazio

La sociologa e socioterapeuta Tiziana Nicolosi, ultimati gli studi a Roma, rientrata a Catania, ha salvato dalla svendita un antico casolare di famiglia, trasformandolo come aleph, un punto di partenza di riferimento artistico culturale, con preponderante prerogativa a taglio onlus. Dopo un’esperienza di tirocinio al Dipartimento di Salute Mentale di Catania, nel 2013 ha fondato l’associazione culturale Uber attraverso la quale, con fatica, si prodiga a far ergere, da ciò che è difficoltà, errore, incapacità, quel processo meraviglioso che dona vita alla vita. Ecco come nasce fisicamente Opera Commons, che diverrà spazio in due ambienti, con corsi di restauro, di arte, con musica, letteratura, cucina, condivisione, e anche un free-press di altissima qualità. Il tutto fuori dal centro di Catania, ad Aci Bonaccorsi. E la scommessa si fa pensante!

(In foto Tiziana Nicolosi – Progetto-spazio Opera Commons / Associazione Uber)

– S. M. F. Di Opera Commons se ne parla da qualche anno sempre più insistentemente, e i nomi che vi girano non sono da poco, da band dell’underground come le Lilies on Mars, già collaboratrici di Battiato, al Lercio Show. Cos’è Opera Commons?
– T. N. «Il progetto Opera Commons è una costola dell’associazione Uber, anzi più che una costola è attualmente l’intera incarnazione fisica e concettuale della onlus alla base, che volendo terapeuticamente produrre a partire dalla difficoltà, da quello che tecnicamente è errore, incapacità, implosione, sceglie la via della creatività, dell’arte, per definire un impegno dinamico rivolto all’invenzione di “importanze” alternative. Da questo ha origine Uber, da un lavoro di ricerca e azione relativi al disagio socio-psicologico, alla sua elaborazione come risorsa a disposizione del territorio, della persona, degli individui e delle relazioni contingenti che vanno a concentrarsi su obiettivi comuni. La logica alla sua base, autonoma e sincera, è diversamente incline al mercato dello status quo e della massificazione comunicativa caciarona e schiavizzante».

(In foto la sede di Opera Commons ad Aci Bonaccorsi)

– S. M. F. Cosa ha stimolato la voglia di crearla?
– T. N. « Sulla premessa fondamentale della risposta precedente, va considerato che Opera Commons nasce dall’intenzione di recuperare uno spazio architettonicamente ed esteticamente pregno di personalità e di identità storica in stato di abbandono, per metterlo al servizio di un nuovo utilizzo socio-culturale. Rientrata da Roma, dopo la laurea, ho fondato l’associazione a Catania. Dopo un tirocinio di un anno al Dipartimento di Salute Mentale della Asl, mentre facevo la pendolare Catania-Bologna per la specializzazione in Socioterapia, area clinica della materia sociologica e del lavoro a questa connesso, impegnata in diversi progetti paralleli, ho sentito l’urgenza di occuparmi di un’antica dimora di famiglia destinata alla vendita, anzi per meglio dire, alla svendita, perché fatiscente. Ho pensato che ad accompagnare il processo di rianimazione della dimora potessero essere proprio l’associazione Uber e la sua vocazione uterina. Il progetto si evolve in rapporto a pratiche di sostenibilità ambientale ed economica, con l’obiettivo di stimolare l’incontro e la collaborazione tra artisti, creativi, docenti, lavoratori professionisti, soggetti in crescita, organismi di diversa natura. Sulla scia della formazione, il cammino è stato impostato secondo una prospettiva pedagogica partecipata, che dando vita a un corso di Rigenerazione del costruito e a un corso di Restauro, potesse prevedere un ragionamento sullo spazio in attivazione in rapporto all’esistente in termini di “materia” e di “idea”».

(In foto un gruppo di lavoro a Opera Commons per il corso di Rigenerazione del costruito)

– S. M. F. In un periodo di crisi costante, una giovane si barcamena in un ideale, con forti parvenze sociali e sociologiche. Non ti ha spaventato questa avventura? E quali i risultati ottenuti?
– T. N.  «
Seguendo il mio percorso esistenziale, ho unito il mio passato al mio presente, puntando su una forma di futuro sperimentale capace di mettere in discussione costantemente meta e risultati attesi. Come già accennato, mi sono laureata all’Università di Sociologia alla Sapienza di Roma, indirizzo Comunicazione e Mass Media, poi mi sono specializzata a Bologna, alla scuola di Alta formazione in Socioterapia presso la Facoltà di Scienze Politiche. Nel frattempo facevo esperienza con il teatro, la danza, il giornalismo, la scrittura, il video, che insieme ad altri interessi hanno partorito un pensiero “personale” che si è via via plasmato con le attività incoraggiate in seno a Uber e fuori da questa, perché si sono anche incrociate collaborazioni che mi hanno vista coinvolta in percorsi e situazioni facenti capo ad altre realtà…».

(Arte, musica e cultura nella mission di Opera Commons)

– S. M. F. … attivando progetti a scopo sociale, ludico e artistico…
– T. N. «Dici “sociale, ludico, artistico”, aggiungerei politico ed il gioco è fatto. Verità rivelate e altalene anarchiche. Si tratta di non cedere all’ovvio, al semplice, di non prendere posizione tra queste due parti, andando contro ciò che per la maggiore parte delle volte c’insegnano. Scelte stilistiche su cui poggiare una rilevanza minore di evidenze plateali, numeri da assemblare, bilanci da sfidare, somme da tirare, per lasciare spazio a una qualità intrinseca che non ha bisogno di troppi manifesti. Eppure ci piacciono le grafiche, le illustrazioni, le maniere segniche, simboliche, sotterranee, di raccontare a chi vuole sentire, parlare di porzioni, dettagli, maniere, respiri da inseguire nel silenzio dell’attenzione».

– S. M. F. Come far giungere a molti il messaggio?
– T. N. «
Anche per questo nasce OC Press, la pubblicazione che accompagna la rassegna di concerti, mostre, performance, di Opera Commons. Per dare anima a ciò che è invisibile, che non esisterebbe perché non epidermicamente e organicamente indispensabile. A chi? A cosa? Se ci pensi, tutti gli uomini, in un certo senso non sono che pezzi di carne e ingranaggi meccanici, se non incastonati in una storia; non sono che un accadimento inutile, proprio come un periodico qualsiasi, sfogliato bene o male, gratuito come da non valore e stropicciato, calpestato, a giostra chiusa. Lo può trovare, però, un avventuriero e farne un capolavoro di senso e utilità per sé stesso e per il suo più immediato o lontano interlocutore. Non accadrà nella frenesia, nel clamore dell’offerta e della stimolazione percettiva, di ciò che insindacabilmente piace e/o si afferma. È facile così ma alla lunga è aberrante, è noioso, è avvilente e non fa bene all’evoluzione della nostra interiorità in dialogo con il contesto sociale migliore e funzionale».

(In foto l’OC Press di Opera Commons)

– S. M. F.  È filantropia culturale pura questa di Opera Commons?
– T. N.
«La vita è in divenire. E il divenire non genera sempre riconoscimento e soddisfazione. La fatica, la paura, la solitudine, però, possono assestarsi in una calma eccitata che non equivale a rimanere in balia del caos e della schizofrenia inconsistente, bensì a osare protetti e incoraggiati. Quindi credo di avere risposto alla domanda, Opera Commons vuole essere anche una manifestazione di filantropia culturale».

(Opera Commons è ancora musica live. In foto i Rough Enough)

– S. M. F. Mi articoli meglio la necessità di proporre un fenomeno che è ben cresciuto ad Aci Bonaccorsi, fuori dall’area della movida della città di Catania, riuscendo a trasferire molto pubblico ad una quindicina di chilometri dalla città?
– T. N. «
Credo che il catanese sia pigro e abitudinario ma anche curioso e voglioso di conoscere oltre la proposta strettamente urbana. Alla fine, se si sente costretto dal senso del dovere dettato da un sentire generale condiviso nel tempo dai più audaci e dagli stessi artisti locali che supportano il fermento, cede e tasta con mano, essendo disposto pure a lasciare le certezze per qualcosa che merita uno spostamento fisico e mentale favorevole. In fondo la distanza è breve e pure caratterizzata da un cambio di prospettiva che ha per lo più premiato, da un punto di vista aggregativo, per quel che concerne il puro intrattenimento associato a una visione culturale caratteristica dello spazio. Anche gli appuntamenti Opera Commons sono in qualche modo entrati nel cuore e nella famiglia interiore dei partecipanti, catanesi e dell’hinterland, che rendono lo spirito e l’estetica del luogo quanto mai specchio giocoso, complice e determinato. Questo tipo di prolifico perturbante dà all’incontro la forma dell’autodefinizione delle collaborazioni».

(La raccolta delle noci di Opera Commons per fare il nocino, liquore dell’amicizia e dell’amore)

– S. M. F. Dunque Uber… tutto ebbe inizio da lì. Cosa è e cosa fu?
– T. N. «Uber è una onlus, un’organizzazione senza scopo di lucro, impegnata nell’ambito socio-psicologico
, nel campo della prevenzione, del sostegno e del recupero. A tal fine è intervenuta, sia a Catania che ad Aci Bonaccorsi nella sua “dimora comune”, con un profilo relativo all’organizzazione di eventi con protagonisti mostre, concerti, performance teatrali, cucina e bar, residenze artistiche, accoglienza-ospitalità di artisti e docenti. Anche la formazione ha avuto, infatti, un’ampia, variegata e innovativa estrinsecazione, dall’aggiornamento di operatori del settore, alla strutturazione di percorsi laboratoriali fondati sulla trasmissione di orientamenti di pensiero critico e capacità manuali, sull’apprendimento dell’uso di strumenti tecnico-espressivi quali il video, la scrittura, la pittura, il teatro sociale, la cartapesta, la ceramica, il fotolinguaggio, il Feldenkrais, il graphic novel, l’home recording, etc. Sono stati organizzati anche un documentario sulle ciclofficine e sulla tendenza ciclistica come movimento culturale,un concorso-festival sulla fotografia istantanea e un concorso-festival sul cortometraggio con l’appoggio del Comune di Catania e della Provincia regionale, connessi allo svolgimento di laboratori nelle scuole elementari, medie e superiori, per educare alla fotografia e allo sguardo interculturale correlato, al principio di identità e di ruolo tramite la produzione di cortometraggi realizzati dai ragazzi. Abbiamo lavorato con un target umano molto trasversale, sia con bambini che adulti, per la prevenzione della dispersione scolastica, per la non violenza, per l’integrazione di soggetti svantaggiati. Grande attenzione è stata dedicata alla facilitazione dell’incontro-scambio tra istituzioni educative, operatori culturali, artigiani, figure professionali provenienti da diversi ambiti, che hanno nel tempo, collaborando con Uber, conferito all’associazione un carattere dialettico, che rende la realtà al centro di una ricerca-azione dinamica e aperta nell’approccio teorico e metodologico».

(In foto Tiziana Nicolosi – Progetto-spazio Opera Commons / Associazione Uber)