Opera Commons – INTERVISTA PARBAT

Opera Commons – INTERVISTA PARBAT

Conquistare la vetta donandosi alla musica

Di Marina Zabatino e Parbat

 

Cover evento facebook

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parbat 2

 

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Parbat 4

 

 

 

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Il Nanga Pàrbat è la nona montagna più alta della Terra con i suoi 8125 metri s.l.m situata in Pakistan. I Parbat sono una band catanese formata da Marco Di Marco, Luca Padalino, Nicholas Carpinato. Abbiamo avuto la possibilità di conoscerli meglio, attraverso un’intervista, nel tempo che, con grande entusiasmo e dedizione, ci hanno dedicato.

 

 

 

Com’è nato il progetto Parbat?

Luca: I Parbat nascono circa 3 anni fa. Contattai Marco per mettere su un progetto che nella mia mente non aveva ancora una forma ben definita, a dire la verità. Abbiamo passato i primi mesi ad abbozzare delle idee, a suonare delle jam in sala prove per vedere in che modo le nostre influenze potessero disegnare qualcosa che avesse un senso, che ci potesse piacere e soddisfare. Questo processo è durato circa un anno in cui abbiamo raccolto abbastanza materiale nonché diversi spunti su cui basare delle composizioni strutturate. Poi, ad Agosto del 2013, è arrivato Nicholas dietro le pelli. Da lì in poi tutto ha preso corpo, Nicho è stato un po’ la spina dorsale ritmica del progetto. La band si chiamava inizialmente Season of K2, nome che, per diversi motivi, abbiamo preferito usare per il disco, cambiando quello del progetto nel definitivo Parbat.

Come si colloca la musica nella vostra vita, personale e lavorativa?

Nicholas: La musica è una costante. Sempre. Penso di parlare a nome di tutti quando dico che è innanzitutto ciò che ci fa stare bene. A cominciare dall’ascolto, dalle percezioni che ricevi quando metti su un disco che ti prende e ti porta fuori dalla routine quotidiana. Poi c’è il rapporto col proprio strumento, con la band. Chiuderci in sala per ore e dare forma alle nostre sensazioni, fare in modo che ogni dettaglio sia un’estensione di ciò che vogliamo comunicare. Per quanto mi riguarda, ogni volta che voglio suonare e non posso farlo per un qualsiasi motivo, sto male.

Parlateci di Season K2

Luca: Tra la fine del 2013 e la prima metà del 2014 abbiamo scritto ed arrangiato tutti i brani che compongono il disco. Alcuni di essi sono stati per noi una vera e propria scalata ritmica, K2 su tutti. Non abbiamo pensato inizialmente di scrivere un concept-album, è stato il disco stesso a diventarlo da solo, in un certo senso. Siamo entrati in studio e abbiamo finito di registrare e mixare Season of K2 a dicembre del 2014.
Alcuni mesi dopo abbiamo firmato il contratto con la Seahorse Recordings.

Come avete conosciuto Uber e Opera Commons?

Marco: Ho sentito parlare di Opera Commons l’inverno scorso. Mi aveva incuriosito l’idea di una rassegna musicale ad Aci Bonaccorsi nonostante, devo essere sincero, non avessi avuto modo di assistere alla stessa. Alcune settimane fa Giorgio Rosalia dell’etichetta GetDaRifle mi ha chiesto se avessimo voglia di essere presenti alla nuova edizione. Abbiamo subito accettato.

Come vivete il rapporto tra l’esserCi durante la creazione, ad esempio nella lavorazione dell’album (in sala) e nel momento del Live? Che ruolo può avere, secondo voi, lo spazio in rapporto alla musica?

Luca: L’ambiente e lo spazio sono sue elementi che definirei fondamentali. Sia in fase di creazione e composizione, sia durante il live. Ci sono momenti in cui abbiamo l’esigenza di abbassare le luci in sala prove, per aiutare noi stessi nell’immedesimarci all’interno del brano, per focalizzare le sensazioni sulla musica. A volte i piccoli locali, per esigenze logistiche che comprendiamo perfettamente, non hanno la possibilità di creare l’atmosfera che vorremmo durante un concerto. In questo Opera Commons, tra candele e luci molto basse, è una piacevole eccezione.

Cosa ingloba l’universo Parbat e da dove e quando nasce la vostra passione per la musica?

Nicholas: Mi piace di più pensare che sia la nostra forte amicizia ad inglobare l’universo Parbat. La nostra musica nasce dal nostro legame, dal rispetto reciproco e da un confronto sempre diretto ed estremamente sincero, a volte fatto di contrasti forti e non per forza legato soltanto alla band. La passione per la musica è una cosa che abbiamo dentro e, come ti dicevo prima, è ciò che ci rende felici. Credo che per tutti noi, la passione per essa sia nata nel momento in cui, da adolescenti, ci si sia resi conto di cosa siamo in grado di dare a livello emotivo.

Quali sono le vostre influenze musicali?

Marco: Tutti e tre ascoltiamo musica piuttosto variegata, non siamo attratti solo da un genere o uno stile. Veniamo tutti da percorsi musicali piuttosto differenti. Luca ha suonato per anni in progetti metal o derivati da esso; Nicho nasce come batterista punk-hardcore; io sono cresciuto suonando in un progetto che si è evoluto negli anni: dall’alternative, vicino al grunge anni ’90, fino a raggiungere sfumature prog-rock.
Nei Parbat è confluito il nostro comune amore per i tempi composti (il math-rock principalmente) così come per le centinaia di sfumature diverse che vengono comunemente racchiuse sotto l’etichetta di post-rock e per un certo tipo di psichedelia.

E i vostri dischi di riferimento?

Nicholas: Difficile citarli tutti. In ordine sparso e dimenticandone sicuramente qualcuno: Meddle (Pink Floyd), Don Caballero 2 (Don Caballero), Spiderland (Slint), Under the Pipal Tree (Mono), Liquid (35007), Panopticon (Isis), Ænima (Tool), Carboniferous (Zu), Mirrored (Battles), Australasia (Pelican), Sans Souci (Brontide), Incunabula (Autechre), Hex (Bark Psychosis).

Cosa pensate della produzione artistica e musicale indipendente in sicilia?

Marco: Ci sono un bel po’ di progetti musicali interessanti dalle nostre parti, alcuni di essi ci piacciono parecchio, altri meno, ma non vuol dire per forza che non siano di qualità, anzi.
Conosco poco le realtà al di fuori di Catania, ma se devo focalizzarmi sulla nostra città non posso fare a meno di notare che ci sia un bel fermento ultimamente, che può solo fare bene a tutti.
Forse ci vorrebbe più condivisione, più unità d’intenti. La musica è anche questo, condivisione di emozioni, di sensazioni. Non approcciarsi ad essa in questo modo crea secondo me una difficoltà a livello comunicativo già in fase di composizione e, successivamente, sul palco. Fortunatamente c’è chi riesce a vivere la musica in maniera sincera.
E sì, alcuni ci riescono davvero bene.