‘STOCCOLMA DADA ITALIAL’arte dada, la moderna Svezia e l’Italia barocca’ di Vlady Art

‘STOCCOLMA DADA ITALIA
L’arte dada, la moderna Svezia e l’Italia barocca’ di Vlady Art

 

STOCCOLMA DADA ITALIA
L’arte dada, la moderna svezia e l’italia barocca

All’inizio c’era l’arte. Statue, dipinti, arazzi, decori e svolazzi, distinguevano gli ambienti più prestigiosi e arricchivano la vita dei potenti.

Per molti secoli, l’arte ebbe argini ben definiti, identificabili; il suo linguaggio era quello di madre natura e non rischiava di essere equivocato. Con il Novecento, dopo l’avvento della fotografia, l’arte apparì più libera. Perso il ruolo documentativo, l’arte assunse quello  espressivo e sembrò si potesse fare “di tutto”. In seguito a questa emancipazione, si arrivò provocatoriamente a nobilitare anche “il contrario di tutto” e a porlo sullo stesso piano, sicuramente ben illuminato e sotto teca di vetro. L’artista divenne un prestigiatore e l’arte il suo palcoscenico; luogo dove esibire ogni contraddizione, luogo dove discutere la nuova estetica.

Questa vera e propria rivoluzione compie oggi 100 anni; così vecchia così attuale, così indigesta da non essere stata ancora del tutto metabolizzata. “Troppo avanti”, “troppo esagerata” è la sua idea in partenza.

Come in un volo pindarico, proietto il mio pensiero sul sistema Italia, una nazione del vecchio continente che è pure espressione del vecchio modo d’essere e credere, in salsa occidentale. Mi risulta irrefrenabile pensare all’Italia da qui, da Stoccolma, dove mi trovo. È la Svezia veramente “troppo avanti”, “troppo esagerata” per noi italiani? Io qualche idea me la sono fatta.

Stoccolma, la capitale svedese, è sia moderna che modernista. Ha una sua consapevolezza di tempo e di progresso, ha un suo modo di elaborare la storia. I negozi di design o di vintage sono centinaia, la passione per il retrò è altissima, la conservazione della storia anche recente è impeccabile, tant’è che gli Abba, non ancora morti, hanno già un museo. Smaliziata come tutte quelle città non più antiche del medioevo, riesce a vivere il presente e pianificare il futuro senza farsi ostacolare dal passato. Il suo centro storico è tra i miglior conservati d’Europa, con i suoi vicoli larghi come una scopa e le strade lastricate con cubetti di porfido. Qui nessun segno di modernità cafona, nessuna veranda o antenna parabolica. Il traffico è stato talmente abbattuto che un negozio di modellismo ha osato chiamarsi “Trafik Nostalgia” senza rendersi ridicolo. Grazie ad una copertura capillare di metropolitane e treni di superfice, questa città ha reso vicine le periferie e archiviato la dipendenza dalle quattro ruote. Il suo parco auto è molto recente; tantissime le ibride e le elettriche in giro. L’uso della macchina è disincentivato da una tariffa applicata per ogni ingresso/uscita dalla città (addebitata in maniera automatica con telecamere); nessun pendolare in auto può sfuggire. Chi ha voglia di tenersi attivo può usufruire di 800km di piste ciclabili, nella sola area di Stoccolma; non siamo a New York ma in una città grande poco più di Torino e poco meno di Milano.

Qui si vive su quattordici isole, sulla foce di un lago balneabile e pescoso e mai troppo lontani da un parco, che non è altro che uno scampolo di foresta, la stessa che ammanta i ¾ della nazione e che regala sempre la sensazione di essere in villeggiatura. La natura e lo svago sono alla portata di tutti, a prescindere dalla classe sociale. La città si affaccia anche sul mar Baltico, dove si apre uno sconfinato arcipelago di oltre 24.000 isole, in gran parte disabitate. Se non si ama stare tra il milione di abitanti che conta Stoccolma, questo è il posto ideale per perdersi.

Gli scorci di città, che siano gli eleganti boulevard di Östermalm, gli antichi vicoli di Gamla Stan, oppure la “hipster paradise” Södermalm, sono sempre ricchi di pregio e cura. Le famose “città giardino”, troppo spesso rimaste sulle carte, qui hanno trovato casa e gli architetti, l’auspicato lavoro. Ah, il lavoro. La sola città di Stoccolma ha più offerte di lavoro in lingua inglese da offrire agli stranieri che l’intera Sicilia in lingua italiana per i suoi stessi abitanti. Com’è possibile? Sin dal passato, qui hanno pensato al futuro, ecco quanto. Gli svedesi hanno il petrolio? No, niente affatto, quelli sono i Norvegesi. E dove trovano i soldi e una crescita PIL del 4%? Pianificazione, buona politica, grande senso di collettività. Aimè si rischia la retorica, ma veniamo ai soldoni. Tutti lavorano, anche immediatamente dopo gli studi. Non solo esiste il lavoro, ma esiste anche la carriera, le opportunità di crescita e di formazione. Nascere poveri, giacché impossibile, non è comunque una condizione immutabile nel tempo. Studiare è gratis, le università sono pulite, attrezzate e servitissime, tutt’altro che un incubatore di frustrazione e disagio giovanile. Qui infatti non trovi un muro che sia stato imbrattato, perché lottare o devastare in maniera “old school” è divenuto obsoleto. Qui tutti possono onorare i debiti, che contraggono in molti, va detto, perché l’accesso al credito è facile e veloce. Tutti comprano casa, piuttosto che affittare. Le tasse? Le pagano tutti, di conseguenza. Non solo, non c’è quasi transazione di denaro che possa avvenire in modo occulto, poiché il contante è pressoché scomparso, anche per un solo caffè. Il borseggiatore ha perso il lavoro. Il Rom invece raccoglie ciò che trova in giro, perché vige il semplice quanto intelligente “vuoto a rendere”: una Corona per l’alluminio, due per la plastica. Ecco come ridurre la monnezza in maniera effettiva, non a parole.

Come hanno ridotto la fila alle Poste? Togliendo la posta, c’est plus facile! Hanno accorpato tutto con i supermercati, facilitati dal fatto che anche i nonni hanno una certa dimestichezza con il mondo digitale e il ricorso all’e-commerce è elevato.

E la famosa parità, esiste? La Svezia è indubbiamente una società equa, che s’impegna a livellare ogni diseguaglianza, a compensare ogni carenza. Per lo meno ci prova e l’impegno si vede. Il rispetto per la legge è tale da essere inteso anche al livello uomo-donna. Uguali, nei diritti, nei doveri e nelle opportunità. Le donne le vedi guidare la metropolitana, i taxi. E non si tratta di casi isolati. Le vedi nei cantieri, le vedi armeggiare come idrauliche o con l’escavatore.

Si potrebbe continuare a oltranza con il rischio di essere fraintesi. L’Italia e la Svezia non possono essere messe ai punti, per quello esistono le riviste di economia. Eppure questo non è un paese più fortunato o sfortunato di altri; è solo pensato meglio, più aggiornato e funzionale, più competitivo, più giusto.

Perché noi italiani siamo un po’ così. Vogliamo il massimo dal nostro smartphone o dal nostro scooter; vogliamo l’ultimo modello. Il paese invece può attendere.

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