Muos di Niscemi. Una parabola di guerra. di Fabio D’Alessandro

Muos di Niscemi. Una parabola di guerra.
di Fabio D’Alessandro

 

Muos di Niscemi. Una parabola di guerra.

Il Muos s’ha da fare. Le antenne satellitari che la marina statunitense ha costruito a Niscemi sono ancora al centro di una lunga battaglia che vede impegnata la popolazione a causa del rischio di inquinamento elettromagnetico. A furia di ricorsi, carte bollate e procedimenti penali, a fatica il governo degli Stati Uniti d’America sta riuscendo a imporre un progetto concordato con una classe politica ormai spazzata via da inchieste giudiziarie e scandali. Ma dietro il messaggio della preoccupazione della popolazione per i rischi legati alla messa in funzione dell’impianto ci sono alcune questioni che travalicano le legittime paure di chi vive nei pressi della base di contrada Ulmo.

Al momento il Muos è ancora sotto sequestro, dal 1 aprile,  per ordine del Tribunale di Caltagirone, a seguito di un procedimento penale scaturito dalla violazione dei vincoli paesaggistici e ambientali nella realizzazione dell’opera. Ancora carte bollate dunque, che certificano con notevole ritardo quanto affermano gli attivisti da molti anni: è impensabile che un’opera del genere possa sorgere all’interno di una riserva naturale. Eppure agli Stati Uniti è stato concesso di “tagliare” una collina, effettuare sbancamenti e cementificare una zona che, prima dell’arrivo dei marines, era un piccolo paradiso della macchia mediterranea. Probabilmente l’esempio più emblematico di tutta la vicenda sta proprio nella semplicità con cui le autorizzazioni, oggi al centro di un complicato procedimento amministrativo davanti al Cga di Palermo, sono state concesse per un’opera del genere. Basti pensare che la Sovraintendenza ai beni culturali e ambientali, notoriamente organo inflessibile sulla tutela dei beni ambientali, contestualmente all’autorizzazione del progetto prescrisse solo la verniciatura delle parabole di 18 metri con un tenue azzurro, giusto per “confondersi con il cielo per non disturbare il volo degli uccelli migratori”.

La procura della Repubblica di Caltagirone, a seguito di numerosi esposti, ha deciso di vederci chiaro nel complesso iter autorizzativo richiedendo e ottenendo il sequestro dell’opera. Una vera rogna per il Dipartimento alla difesa degli Stati Uniti, poco abituato ad intoppi burocratici. Ma, oltre ai rischi per la salute e le devastazioni ambientali, bisogna scavare ancora più a fondo per comprendere completamente la lotta del movimento No Muos. I motivi vengono da lontano, dal 1956 esattamente. Quando un accordo secretato tra la Repubblica italiana e il governo Usa permise la realizzazione di basi militari statunitensi in territorio italiano, fuori dal controllo e dalla giurisdizione del nostro paese. Da allora, passando per la lotta di Comiso contro le testate nucleari e i fatti di Sigonella, molta acqua è passata sotto i ponti. E, come allora, la Sicilia continua a essere una perfetta portaerei naturale nel mediterraneo. Le basi militari di Sigonella, Trapani Birgi, Niscemi, Augusta e le tante altre stazioni concesse agli americani continuano senza sosta a fare egregiamente il loro lavoro: produrre guerra e morte. Se infatti la questione della pericolosità dell’opera è emersa varie volte nei racconti dei media sarebbe opportuno interrogarsi sulle motivazioni che, ancora oggi, quasi 60 anni dopo quell’accordo stipulato all’indomani della Seconda guerra mondiale, continuano a renderci complici della follia bellica Usa.

La nostra posizione strategica in un’area ormai fortemente destabilizzata ci rende contemporaneamente  importante avamposto bellico ma anche perfetto obiettivo sensibile. A raccontarci la difficoltà per i marines nel controllare un territorio così vasto, circondato da un bosco, bastano  le continue intrusioni all’interno della base di Niscemi. L’ultima qualche settimana fa: Turi Vaccaro, noto pacifista, si è introdotto all’interno dell’area Muos con un martello riuscendo a danneggiare gravemente l’antenna su cui è rimasto appollaiato per due giorni. Danni stimati: 800mila euro. Da sommare ai ritardi accumulati negli anni a causa di azioni dirette, di danneggiamenti e di lungaggini burocratiche. L’ultima mossa dell’avvocatura dello stato, manco a dirlo italiano, vorrebbe sfruttare l’onda lunga della paura per gli attentati terroristici di Parigi e velocizzare i tempi dei giudizi. Una mossa bassa del nostro governo, un piacere agli alleati americani. Ma la strada per l’utilizzo del Muos è ancora tutta in salita. Oltre al sequestro penale, gli Usa dovranno fare i conti con il tribunale amministrativo. Certo, niente che possa fermare la voglia di utilizzare il nuovo giocattolino per i prossimi conflitti considerati i venti di guerra che spirano fortissimi nel mediterraneo. Un grande assist però gli viene fornito dal Cga: a decidere sulla pericolosità del Muos sarà una commissione formata ad hoc. Dagli scienziati indipendenti, dai ricercatori, medici, fisici che hanno più volte scritto che le parabole potrebbero nuocere alla popolazione, verrebbe da pensare. Invece spunta fuori il coniglio dal cilindro, una commissione formata solo da ministri e organi statali. Lo stato che giudica se stesso. Un altro colpo basso. Intanto i mesi passano e la guerra ha bisogno di noi, del nostro essere remissivi. O almeno è quello che avranno pensato mentre progettavano di costruire le antenne a Niscemi.

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