Editoriale di Tiziana Nicolosi

Editoriale di Tiziana Nicolosi

 

Il Grand Guignol è il teatro parigino a cui il nuovo numero di OC Press dedica la sua ispirazione. La grande marionetta raffigurava un operaio di Lione in lotta contro il potere politico francese. Mistero, macabro, paranormale, violenza, sono gli elementi che hanno animato le scritture, gli spettacoli, le grafiche, la partecipazione alla vita, divenuta celebre, dell’ex cappella di un monastero abbandonato, entro cui angeli scolpiti ricordavano salvezze tradite da basse perversioni umane.

Padre del teatro fu Oscar Metinier, il quale rimise in sesto la struttura per rappresentarvi i propri lavori che attingevano probabilmente in parte, a quell’orrore cui il suo ruolo di secondino in carcere, lo metteva in contatto, occupandosi nello specifico di condannati a morte. Alla sua direzione artistica, seguì quella di Max Maurey, questi diede una più rilevante impronta psicanalitica, orrorifica, erotica, all’osservazione-narrazione artistica della società e dei suoi margini, ampliando ulteriormente le aspettative di pubblico e le produzioni del teatro.

La violenza, il macabro, aspetti insiti nell’evoluzione storica, in forma più o meno palese, attraversata da caratteristiche diverse a seconda dei luoghi, dei contesti di riferimento, dei piani di lettura.

La violenza non è solo un gesto. Violenza è indifferenza nei confronti dell’azione sociale, è sovversione mal indirizzata, apatica, verso un nemico riconoscibile, nominato, un soggetto pubblico o privato. È competizione infruttuosa attivata a danno di amici, parenti, conoscenti, di chi ci piace e/o non ci asseconda, che non riusciamo a domare, a inglobare nel nostro sentire, di chi destabilizza le nostre rigide certezze, le nostre corazze.

Violenza è aderire a idee di partito e ideologia senza riconoscere l’incoerenza delle personali, comode e spesso ipocrite, scelte quotidiane, lavorative e relazionali in rapporto ai mutamenti epocali.

Violenza è difesa del proprio intimo, della più impulsiva o ragionata performance, nel disinteresse e nella  mancanza di rispetto per l’altro, per la sua fuga da una guerra di religione o per la sua missione, un suo progetto, la sua bellezza, la difficoltà, la sua poetica-politica.

Violenza è la mancanza di umiltà, di dialogo, in amore, di ricerca condivisa, di crescita, di capacità di gestione dei conflitti e di trasformazione degli stessi in risorsa.

Violenza è il ricorso costante ai concetti di capitalismo e di borghesia per motivare una lotta interiore e pratica contro il lavoro maturo e lo sforzo necessario che vi è legato, lo spostamento del desiderante civico e di un senso della giustizia e dell’uguaglianza verso  un virtuale poco operoso e diversamente classista.

Macabro è il gioco costante, l’ironia esasperata, la dipendenza da droghe e da alcol, da gratta e vinci, slot machine, persone e rapporti patologici, che producono evasione emotiva dalle responsabilità, dallo spirito critico, dalla solidarietà, dalla sensibilità, dall’empatia nel fare.

Macabro è l’egoismo imperante, il divorare noi stessi, con uno sguardo fisso sui nostri dolori, sulle nostre frustrazioni, sui nostri complessi d’inferiorità, dimenticandoci dei disastri dell’utopia della globalizzazione, della scalata cieca a forme coercitive di potere, arroganza, offesa, del crescere del  fenomeno del femminicidio a causa di cattivi retaggi culturali a danno della donna, della sua libertà ed autodeterminazione,  con la reiterazione di schemi di genere celati dietro le false sembianze di una parità di diritti raggiunta.

Macabro è tutto il comportamento connesso a una forma di incomunicabilità, di abbrutimento, di insoddisfazione perenne, di pessimismo, di annullamento dell’enfatizzazione del bene, della stimolazione reciproca, dell’annichilimento del coraggio nei confronti del cambiamento quando utile e doveroso, della complicazione relativa alla messa in rete della forza lavoro, di soverchieria dei media, esperite in una posa drammaturgica ritualistica, cannibale, collettiva, che se non sempre favorisce la comprensione e la coesione tra gruppi d’utilità e l’esercizio sincero delle personalità, determina comunque l’accettazione, il caos e il suo ordinamento, tramite sacrificio dell’individuale e relative coniugazioni adattative dell’essere ‘in’.

Macabro è la difesa del paradossale sé comunitario su ciò che viene sociologicamente, antropologicamente, trasposto dagli scricchiolii di un palcoscenico della finzione al depositario luogo del ‘reale’.